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Le ricette della Cucina Lariana

La Fitascetta

Gli antipasti

Tempistica e difficolta'

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Ciambella rustica, originaria dell'Alto Lago, nata verosimilmente come piatto unico, sul modello del pane condito diffuso, con centinaia di varianti, in tutta la nostra penisola. Un vero e proprio archetipo alimentare dei paesi mediterranei, solo che si pensi, stando a quanto tramanda Erodoto, che proprio a pane e cipolle (crude o arrostite) furono nutriti i milioni di schiavi che alzarono le piramidi dei faraoni

Lista degli ingredienti

Tipologia: Tipologia: Antipasti
  Stagionalità: Tutto l'anno
  Difficoltà: Minima
  Tempo di esecuzione: 50 minuti
  Tecnica di cottura: Soffrittura, cottura in forno
     
Utensili: Trinciante, tagliere, tegame, cucchiaio di legno, teglia per forno.
   
Ingredienti: PASTA DI PANE (600 g), 
CIPOLLE (500 g), 
BURRO (75 g), 
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA, 
SALE, PEPE e ZUCCHERO (q. b.), 
FORMAGGIO CASERA D’ALPE (a piacere)

Preparazione

Affettare finemente le cipolle e soffriggerle nel burro, a fiamma bassa, senza farle colorire 
Condire con sale e pepe 
Bagnare la pasta di pane con poca acqua tiepida e reimpastarla, facendola restare morbida.
Ungere con olio una teglia da forno
Fare un rotolo con la pasta e adagiarla sulla teglia, unendo le estremità così da formare una ciambella. 
Disporre le cipolle sulla superficie della ciambella e spolverare di zucchero
Cuocere in forno a 180° per circa mezz'ora: la ciambella deve risultare croccante, leggera, profumata 
A piacere aggiungere, appena sfornata, scaglie di Casera d'Alpe e mangiare calda

Tempistica e difficolta'

Altre informazioni

Note:

pane condito
L’aggiunta di condimenti e di integrazioni (di origine animale o vegetale) alla pasta del pane è molto comune in tutto il territorio lariano. Nell’Alto Lago si prepara ul braschin (da brasca = brace) con uvette passite e una spolverata di zucchero. Aggiungendo al pane frutta fresca (soprattutto pere e mele) e secca (noci, mandorle) sai prepara un po’ ovunque la miascia, nel Lecchese la chisciola e in Brianza il pan striaa. Ancora in Brianza, a Osnago e nelle zone vicine è segnalata la brusada, un particolare tipo di pane con frutta, integrato con cipolle e ciccioli di maiale (gratùn), forse il capolovoro della capacità di adattamento del pane condito e un perfetto esempio di completezza nutrizionale.

Varianti:

Da ricette recenti si ricava la possibilità di aggiungere un po’ di burro e/o una modesta quantità di zucchero alla pasta del pane. Nella tradizione esiste anche la versione salata,completamente senza zucchero.

Abbinamenti:

Con o senza il formaggio Casera, può essere utilizzata da sola come antipasto, oppure per accompagnare altri antipasti, come salame, bresaola o lardo. Vino rosato o chiaretto (il modello era il ciarètt che una volta si faceva un po’ ovunque, tra le
Prealpi e la Brianza) in grado di sopportare tanto le variazioni gustative verso il dolce quanto le punte di sapidità derivanti dal formaggio e dai salumi.

L'ingrediente:

il pane di Como
Si tratta di un ingrediente che sa un po’ di mitologia. Le guida turistiche della metà dell’Ottocento elencavano il pane tra i vanti di Como, attribuendone la fragranza alla qualità dell’acqua della convalle. Nei primi anni del Novecento, notevoli quantità del pane di frumento cotto nei forni comaschi venivano trasportate a Milano, con i treni delle Ferrovie Nord, per essere vendute nel capoluogo lombardo. C’era chi, con una
punta di campanilismo, lo considerava il migliore d’Italia, “dal sapore indefinibile e caratteristico”, secondo quanto si legge nella Guida gastronomica d’Italia edita dal Touring Club Italiano nel 1931. Oggi, seppure infornato a Como, è difficile poter parlare di pane di Como, come se a Como si producesse un pane diverso da quello di Monza o di Abbiategrasso. E’ probabile che le caratteristiche per cui erano 
celebrate (crosta bruna e croccante, mollica bianca ben lievitata, leggera e soffice, fragranza e durevolezza) non derivassero alle pagnotte comasche solo dall’acqua, ma anche dal particolare tipo di molitura del grano effettuata nei mulini ad acqua 
della zona, dalla lavorazione manuale, dalla cottura nei forni a legna, ma soprattutto dalla lievitazione naturale, ottenuta con i poco industriali “rinfreschi”, cioè con aggiunte successive di farina all’impasto, man mano che i lieviti andavano svolgendo il loro lavoro; procedura che costringeva il fornaio a scendere in forno non molto dopo il tramonto e a trascorrere tutta la notte in piedi, vegliando il suo prodotto.