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Le ricette della Cucina Lariana

MASIGOTT

Dolci dessert e merende

Tempistica e difficolta'

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La tradizione vuole che il termine masigott derivi a questo tipico dolce erbese, avvicinabile un po' al pan meìn e un po' ai dolci con la frutta, nella tipologia della miascia, dal fatto che fosse destinato, per la sua grossolanità, a persone goffe e vestite alla buona, in dialetto: masigott, appunto. Riteniamo piuttosto che masigott fosse termine da attribuire al dolce stesso, a causa della semplicità degli ingredienti e delle sue forme imprecise, che col passare dei secoli si sono però molto raffinate

Lista degli ingredienti

Tipologia: Tipologia:

Dessert a base di frutta  

  Stagionalità:

Per il calendario rituale, a metà ottobre; in realtà, tutto l'anno

  Difficoltà: Media
  Tempo di esecuzione:

80-85 minuti  

  Tecnica di cottura:

Cottura in forno

     
Utensili:

Setaccio, scodella, terrina, cucchiaio di legno, stampo da plum-cake.

   
Ingredienti:

UVETTA SULTANINA (300 g), 
FARINA DI FRUMENTO (400 g), 
FARINA DI MAIS (400 g), 
BURRO (già ammorbidito, 150 g), 
ZUCCHERO (250 g), 
UOVA (intere, n° 6 + 8 tuorli), 
NOCCIOLE (tritate, 200 g), 
VANILLINA (una bustina), 
LIMONE (la scorza grattugiata, n° 2), 
SCORZA D’ARANCIA CANDITA (a cubetti, 300 g), 
BURRO e FARINA (per lo stampo, q. b.),

Preparazione

Mettere a bagno l'uvetta in acqua tiepida.
Mischiare tra loro le farine e sbattere le uova in una scodella.
Montare in una terrina, con un cucchiaio di legno, il burro ben ammorbidito e lo zucchero.
Aggiungervi le uova sbattute, la miscela di farina passandola al setaccio, le nocciole tritate, la vanillina, la scorza di limone e i cubetti di arancio candito.
Scolare l'uvetta, strizzarla leggermente e incorporarla al composto.
Imburrare e infarinare uno stampo da plum-cake, versarci il composto e infornare a 180°C per 45 minuti circa.

Tempistica e difficolta'

Altre informazioni

Note:

Origini leggendarie

Nello spiazzo che divenne la piazza di Sant’Eufemia ad Erba, in epoca romana si teneva un mercato conosciuto in tutta la Brianza. Alla metà di ottobre vi si svolgeva anche una festa di fine raccolto, durante la quale si preparava, in un grande paiolo, un’enorme puls di castagne e fagioli, con sfarinati di varia origine. Nel XVI secolo, la festa agricola fu trasformata in sagra religiosa e fissata alla terza domenica di ottobre, in concomitanza con la celebrazione del ricordo di sant’Eufemia nell’omonima chiesa antistante la piazza del mercato. Nel corso del ‘700, la farina di granturco divenne l’ingrediente principale nella preparazione della polentona di sant’Eufemia. Vuole la tradizione che da una elaborazione pasticcera di questo rozzo pastone abbia avuto origine il masigott, dolce che può essere considerato uno dei molti antenati del panettone, preparato con una miscela di farina gialla e bianca e frutta secca, che oggi è l’attrattiva alimentare della festa ottobrina di sant’Eufemia, conosciuta anche come sagra dei masigott.

Varianti:

Le versioni più antiche potevano avere nell’impasto anche fagioli lessi e castagne. Quelle più recenti non di rado ricorrono a una punta di lievito in povere per ottenere un minimo di lievitazione in un impasto che di per sé non lievita. E’ abitudine anche aggiungere un po’ di profumo con cannella o chiodo di garofano in polvere. Nelle pasticcerie talvolta si ricopre ilmasigott con una glassa di zucchero a velo e albume d’uovo, in cui possono essere incorporate lamelle di mandorle.

Abbinamenti:

A fine pasto, con vini dolci o da dessert; ottimi i moscati o le malvasie dell’Oltrepò Pavese o il San Martino della Battaglia liquoroso. Può essere accompagnato da una cucchiaiata di panna montata o da un velo di crema al mascarpone.

L'ingrediente:

Le scorze candite degli agrumiTra l’autunno inoltrato e il Carnevale è il periodo dell’anno in cui il Sole si trova al punto più basso rispetto all’orbita celeste della Terra. Ed è in questo periodo che gli uomini un tempo sentivano il bisogno di rafforzare la propria fiducia in un avvenire che all’alba dell’umanità doveva apparire affondato nella tenebra, con simboli rassicuranti, insieme apotropaici e propiziatori, che restituissero al sole un po’ della potenza perduta, associati anche agli alimenti, soprattutto a quelli rituali. Il dono natalizio per i bambini, nella società tradizionale, erano gli agrumi, massimamente le arance e i mandarini, frutti solari, che dell’astro celeste riproducono la forma, il colore e la capacità di superare l’inverno senza morire. Nelle società tradizionali, le scorze dell’arancio e del cedro candite rappresentavano, in quanto prodotto di conserva, arricchito di zucchero, una riserva di calore e di energia nei momenti del freddo più intenso, e per questo, non solo in Lombardia, entrano nella formulazione di quasi tutti i dolci di questo periodo, sia in quelli rustici (bisciöla) sia in quelli di pasticceria (panettone).